LASCIAMI FIORIRE
Vennero
tutti uniti, passo a passo, coi musi duri e il metallo stretto nei palmi. Occhi
scavati, occhi presi a prestito dall’odio. Abbiamo la stessa ora, ci dissero, e
ci chiusero gli anni in una scatola di fuoco leggero, fuoco che non hai il
tempo di sentire. Uomini germogliati dalla semente della rabbia su una sponda,
e sull’altra, decine di grembi materni allineati, nell’attesa che precede l’innocenza.
Nell’attesa che annienta l’innocenza.
O nonna mia.
O nonna mia.
E' venuta a mancare la luna,
e sei venuta tu
E' venuta a mancare la luna e le sue stelle
e ci hai illuminati tu.
Ci
chiesero quanti nomi avesse l’innocenza e noi mettemmo le mani a protezione del
grembo. Perché non ci era rimasto niente oltre la ricchezza della maternità. Il
fiume ci scorreva davanti coi suoi corpi inanimati, c’era una quiete di vento
tutt’intorno, si sentiva il respiro denso delle case crollate. E fumi, e
lacrime sospese tra la strada e le culle. E lacrime sulla riva di ogni parto.
O cervi della campagna:
tutti coloro che cadono in difficoltà
chiamano "O Battulieh"
Battulieh è andata al Levante,
l'hanno trovata tutti gli sposi.
Oh sposo, calma il cavallo
per smontare la sua Henna.
Se avessi
avuto il tempo di guardare al cielo, gli uccelli avrebbero incrociato aerei da
guerra. Erano voli spietati di esseri che guardavano la solita lingua di terra
disgraziata, senza conoscerla, senza muovervi passo. Eppure decidevano per noi,
noi che avevamo il segreto della vita radicato nel corpo e il corpo radicato
nelle macerie dietro casa. Poi avvennero le nascite, e i vetri delle finestre,
per quel benedetto minuto, tremarono di vagiti e non di bombardamenti: una
lacerante, brevissima, bellezza.
O venditore di uva e di mirtilli,
mi hanno rapito gli zingari da una tenda di "Al-Majdaliyye",
dove vi sono prugne ed albicocche.
Ogni volta che tira il vento
raccoglierò un’albicocca per Rima.
Uno due
tre, con una gamba sola, uno due tre, poi con l’altra. Quanti numeri valgono un
gioco?, quanti passi conterai sulle mani prima di chiamare l’infanzia col nome
che le spetta? Chiamammo età il tempo che impiegava un biglia prima di essere
schiacciata da uno stivaletto militare. Dicemmo ai figli di prestare accortezza
ai piaceri da poco, perché i piccoli piaceri, una palla, un triciclo, una
miniatura, sarebbero potuti essere il nido di un’esplosione, il giaciglio della
fine. Appoggiavamo l’orecchio sul campo di calcio per sentirne il rischio, per avvertire
l’aumentare dei palpiti quando partiva la sirena del coprifuoco.
Rima, l'intelligente Rima,
I tuoi capelli sono neri e puri
Chi ti ama, ti bacia e chi si farà odiare da te, cosa riceverà?
Userai il Laken al posto del Disek
per lavare i vestiti di Rima
e li stenderai sui rami del gelsomino.
Poserò le
dita sul tuo volto di pane, madre, e partorirò sogni che sappiano camminare con
me, coi piedi nudi, coi piedi buoni. Li farò andare tra le stanze violate e gli
umori dei fiori. Li spingerò fino a che non sapranno andare da soli. E’ il
dovere di ognuno quello di andare per il mondo da solo, così i sogni: i momenti
di fugace condivisione, le fusioni lievi della pelle con la pelle, non sono che
ritorni ai luoghi abbandonati. Sulla strada che tu mi hai indicato, madre, ci
sono dirupi invisibili che ti ingoiano e ti sconfinano nel ventre infuocato di
questa terra maledetta. Non esiste bambino che non sia già uomo, madre, non c’è
uomo che non conservi un’infanzia amputata.
Niente
tuttavia potrà scoraggiarci dall’andare, ritorneremo cogli occhi vergini,
ritorneremo e potremo condividere il latte acerbo stillato da seni giovani, potremo
condividere i sogni, potremo condividere quello che tu, madre amata, salverai
da questa storia che non si stanca mai di ripetersi.
Guardami
madre, guardami adesso, mentre muovo i primi passi verso le lenzuola bianche in
cui hai avvolto il mio futuro. Guardami mentre parto, perché questo partire sia
il partorire un’esistenza dove ognuno potrà dirsi vivo senza vergognarsene,
senza coprirsi il volto per ritrovarsi poi con le mani insanguinate.
Racconta
madre, mentre vado, lasciami fiorire.